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Strabismi ipocriti della politica

giovedì 10 dicembre 2015
[In questo giorno, nel 1948, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
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Forse è schizofrenico o forse è semplice strabico, un iniquo strabismo ipocrita, però. Il mondo visto da Repubblica, che mentre aggiusta il tono bellicista coniugandolo con ecumeniche lodi di papa Bergoglio riesce comunque ad insistere sull'usuale ritornello che l'austerity è buona -- no! l'austerity è cattiva -- ci riporta un commento del nostro presidente del Consiglio ripreso addirittura dalla sua pagina Facebook. In un articolo intitolato "Questa UE è alleata di Le Pen" a firma di Carmelo Lopapa di martedì 8 dicembre, il sottotitolo afferma: Il premier: "Le elezioni francesi dimostrano che serve un cambio di passo. Il prevalere della linea tedesca del rigore è un regalo ai populisti. Ma in Italia i demagoghi non vinceranno, le riforme stanno dando i frutti". Vorrei far notare lo strabismo di questa visione, che se fosse voluto verrebbe da definire ipocrita, ma è forse solo schizoide o, più semplicemente, menzognera e ingannevole. La prima parte della citazione è un colpo all'austerity, quella politica che a parole il premier a volte vanta di portare avanti, salvo poi smentirsi nei fatti e nelle politiche con il sostegno dei suoi ministri PC Padoan, G Poletti e degli altri. La seconda parte della citazione è in palese contraddizione con la prima: cosa sono infatti le riforme cui si fa cenno se non proprio quelle politiche nel segno dell'austerity e del rigore che si pretende di mettere in discussione? Se è il "rigore" il regalo ai populisti, c'è solo da sperare che le riforme non diano frutti, direbbe la logica!  Non è questo strabismo? O si vuole far credere che le riforme siano nel segno dell'eguaglianza, delle politiche del welfare e dell'assistenza e dello stimolo della domande per le fasce più colpite dalla crisi?

Il fatto è che il nostro premier e i suoi ministri sono ipocriti e queste povere affermazioni sono volutamente contraddittorie. Di quali riforme che non siano esattamente nel segno delle politiche del rigore della cosiddetta "linea tedesca" staremmo parlando? Liberalizzazione del mercato del lavoro, proliferazione del precariato, tagli al welfare per le fasce deboli, detassazioni regressive sono tutte politiche che vanno in quella direzione. C'è forse una sola "riforma" che va nella direzione del "cambio di passo" auspicato? No.

Questo strabismo caratterizza tutte le prese di posizione politiche italiane ed europee. Non è forse strabica l'idea di bombardare l'ISIS mentre si appoggiano, si finanziano e si sostengono paesi come l'Arabia Saudita -- un dichiarato sostenitore dei fondamentalisti salafiti -- e la Turchia -- un ambiguo fomentatore della guerra civile in Siria mirando in realtà alla repressione dei curdi e alla lotta contro l'Iran?  Certo, qualcosa terrorizza i governanti europei: le migrazioni in atto -- flussi che da rigagnoli sono divenuti onde in piena per l'esodo dei rifugiati -- stanno violentemente e duramente incrinando il modello di sviluppo capitalistico odierno, acutizzando diseguaglianze e disparità, infiacchendo come epidemie virali le già tese corde dello stanco "welfare europeo" che più non regge il passo inegualitario del capitalismo liberista. I populismi trovano terreno di coltura ma, come già in passato - in Europa, in America -, gli immigrati servono e sono odiati ad un tempo. Le banlieues, la mancata "integrazione" e un multiculturalismo rimasto classista fanno il resto, questi sì terreno di coltura per gli immigrati di prima e seconda generazione che non trovano altro che non ragioni di odio per un sistema dal quale non riescono a trarre benessere.

Perché allora, invece di reprimere, bombardare, schedare, intruppare, non cambiare completamente politica? Quali risultati hanno prodotto l'invasione dell'Afghanistan, la guerra in Iraq, la guerra in Libia e le uccisioni di Saddam Hussein e Mohammad Gheddafi? Vuole il nostro governo fare una vera politica nel segno dell'inclusione? Destini allora i miliardi delle spese militari e per la sicurezza alla cooperazione internazionale, alla spesa sociale per i nostri poveri e le famiglie indigenti, ai nostri lavoratori delle campagne immigrati, sfruttati per 10 euro al giorno! Quale coup de teatre sarebbe!  Smettiamola con la campagna della paura, facciamo tacere la campana bellicista, lavoriamo per l'integrazione! I bambini morti sulle spiagge dell'Egeo fanno notizia pietosa, ma non muovono le nostre politiche. Meglio affidarci alle Le Pen, ai Salvini? 

Il fatto è che il premier e con lui il gruppo dirigente del PD non hanno più la capacità di ammettere che hanno sposato appieno il mantra liberista. Da neo-democristiani perseguono le stesse politiche dei socialisti francesi, dei tedeschi (socialdemocratici) e degli altri europei. La loro identità di "sinistra" si è persa e faticano ad ammetterlo di fronte al loro elettorato che si è già smarrito da tempo, non andando più a votare pur di non votare il peggio. L'identità di sinistra è un orpello, ormai, perché con quella sola non si vince nelle urne e, allora, tanto vale buttarla a mare. Lo dice a chiare lettere Stefano Folli, già editorialista del Sole 24 Ore ora transitato a Repubblica, su Repubblica del 9 dicembre ("Guardare oltre il Duomo la sfida a Renzi di Pisapia"): "L'idea che possa esistere una sinistra con radici nella società, specie tra i ceti più deboli, e al tempo stesso in grado di vincere nelle urne" è una "scommessa". Se non vince nelle urne allora non merita, questa è l'idea. Non piuttosto una politica che riguardi i ceti deboli e allo stesso tempo sia maggioritaria: meglio un'idea maggioritaria, purchessia, che un'idea di sinistra. Meglio il "partito della nazione", vecchia idea democristiana interclassista: la DC di De Gasperi e Scelba, però. 

Non uno dei commenti del nostro premier o dei leader socialisti europei è stato di questo tenore: "Andiamo a colpire le diseguaglianze, la marginalità, il lavoro nero e precario, l'abbandono delle periferie ghettizzate, la mancata integrazione. Favoriamo l'integrazione, le politiche sociali, gli investimenti pubblici. Rendiamo le nostre società più egualitarie, in termini di opportunità (oltreché distributivi) e sconfiggeremo alla radici il radicalismo islamico, la deriva populista e xenofoba, la polarizzazione sociale". Non lo è stato perché il progetto liberista è stato sposato in pieno, le sinistre governative hanno perso da tempo il contatto con le masse popolari e altro non riescono a fare che balbettare contradditorie affermazioni di principio, salvo poi rivelarsi nella pratica delle loro politiche.  

Lasciando agli eletti dei Cinque Stelle eruttare parole confuse ma attraenti (Nogarin: "Questo PD scudocrociato vuol farci morire democristiano"), mentre la sinistra "antagonista" balbetta, discettando tra sterili protagonismi. E l'Italia sopravvive, letargicamente.